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Brueghel

Brueghel, capolavori dell’arte fiamminga

di ROBERTO DI CARO.

Certo, la puoi visitare come di solito si fa con una mostra o un museo, “Brueghel, capolavori dell’arte fiamminga” (a Bologna, palazzo Albergati, fino al 28 febbraio 2016, prodotta da Arthemisia Group): ossia un quadro appresso all’altro, un occhio a come negli anni varia lo stile e un altro al contesto, quei contemporanei che per ormai usuale propensione al didascalico dei curatori contornano le opere maggiori in esposizione.

Ma c’è un altro modo di girovagare per i due piani del palazzo, suggerito proprio dai curatori Sergio Gaddi e Andrea Wandschneider e dall’impianto stesso della mostra: quello di studiare, attraverso le opere e come in trasparenze, un marchio, un brand, un “modello di business”, diremmo oggi, di straordinario successo. Costruito con acume e mantenuto con costanti adeguamenti per 150 anni fra Cinque e Seicento. Maturato in scelte stilistiche pensate come strategie di marketing aziendale e familiare, a loro modo dinastiche. Una “factory” con rifacimenti e varianti una generazione dopo l’altra, altro che i multipli di Warhol: dal fondatore Pieter Brughel il Vecchio ai figli Pieter Brueghel il Giovane e Jan Brueghel il Vecchio e poi Jan Brueghel il Giovane, ma anche suoceri e generi come David Teniers, nipoti come Ambrosius e Jan il giovane, e pronipoti tutti Jan o Pieter o Abraham o David, ché va bene l’individualità ma ciò che vendi è la ditta, il marchio, il brand, impresa familiare allargata per cooptazione nuziale, cinque o sei generazioni: una rarità, oggi che meno di un quarto delle imprese sopravvive al primo passaggio di padre in figli.

Brueghel
Un accorto marketing che ben sa cosa vuole il mercato, cosa chiedono i committenti: ai mercanti, quei fiori allora appena giunti dal Nuovo Mondo e quasi sconosciuti ma anche incisioni di grandi navi precise nei più minuti dettagli, tuttora fonte primaria per gli storici della navigazione; alla ricca borghesia degli affari e della moneta, le bizzarre allegorie dei quattro elementi nonché di amore, guerra e pace; a un mercato in espansione anche per tasche non da re, quei paesaggi fluviali stemperati tra i boschi, il minuto realismo del quotidiano, la taverna dei giocatori, e le danze, i balli, i matrimoni, quelle sfrenate feste popolari ai limiti dell’osceno, facce beone e ricche libagioni, che chi se lo poteva permettere si metteva in casa in effigie. Perché quelli erano sì secoli di guerre ma anche di conquista degli oceani e del benessere a suon di traffici e scambi e monete d’oro. Una forza vitale che quella stessa terra, oggi Belgio, non sembra più possedere.

Brueghel

25/11/2015 1 comment
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5 bistrot a Parigi da non perdere

Chez Marianne, 2 rue des Hospitalières Saint Gervais

Si trova nello splendido quartiere Marais, si mangia benissimo e si respirano profumi di artista. Potete gustare la tipica cucina francese oppure un mix arabo e francese, o cucina kosher. Assaggi abbondanti e pane nero, meraviglioso il taboulé. Il posto giusto è Chez Marianne. Con circa 20 Euro vi saranno portati 10 assaggi formidabili, accompagnati da uno sfizioso pane nero.

Le Café Antoine, 17 rue Jean de La Fontaine

Si trova in uno dei quartieri più lussuosi della città, nel XVI arrondissement. Costruito nel 1911 sotto la guida di Hector Guimard, maestro dell’Art Nouveau parigina, quello che disegnato gli ingressi della metropolitana tanto per capirci, è un piccolo gioiello da gustare con calma. Andateci di sera e vi trovate intellettuali e scrittori che mangiano zuppa di cipolla. E anche la redazione di Radio France che si trova proprio lì vicino.

Café de la Paix, 12 bd. des Capucines

In perfetto stile liberty questo locale si affaccia sulla strada e leggere seduti con una spremuta di arancia e un croissant caldo non ha eguali. Se ci andate a pranzo non perdetevi le ostriche e un plateau de mer da assaporare con un Petit Chablis.

Café de Flore, 172 bd. Saint Germain

Se volete respirare la Parigi colta e fumosa andate in questo locale. Agli stessi tavoli sedevano Jean-Paul Sartre, Simone de Beauvoir, Pablo Picasso, Albert Camus. Qui sembra che il tempo non sia passato, meraviglioso all’ora dell’aperitivo, con un Pernod sopra il tavolo. Non è economico affatto, ma la storia ha anche un suo prezzo.

Cave La Bourgogne, 44 rue Mouffetard

Situato davanti all’église Saint-Médard, la Bourgogne è un locale meraviglisoo soprattutto la domenica. Poco turistico, vi propone piatti francesi e combinazioni eccellenti. Tanto per dire: jambon cru, pâté, rosette, saucisson, saucisse sèche, fromage cantal o, a 10 euro, un’insalata basse-cour (tomate, blanc de poulet, maïs, riz et oeuf dur).

25/11/2015 0 comment
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25/11/2015 0 comment
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