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Manon Lescaut, pfgstyletravel, cultura

Cinemascope: gli spazi che il Comunale Nouveau non può sfruttare in altezza recupera in larghezza del palcoscenico. Cinematografici, per quanto lo consente la partitura, anche il ritmo, la scenografia, l’azione scenica, i movimenti di cantanti e comparse, persino i colori. Bella soluzione, per la Manon Lescaut che venerdì 26 gennaio ha aperto la stagione lirica 2024 del Teatro Comunale di Bologna.

Insieme rigorosa e coinvolgente: non necessariamente le due cose vanno a braccetto, stavolta sì. Niente stravolgimenti, qualche volta sensati e accattivanti, più spesso incongrui. Soprattutto niente aggiustamenti posticci, di quelli in cui talvolta si lasciano trascinare registi in animo di lasciar traccia di sé con escamotages di poco conto. Dunque un bell’equilibrio per un’opera difficile, non per nulla messa in scena, nell’anno delle celebrazioni pucciniane, solo dal Tcbo: per la regia di Leo Muscato, scene di Federica Parolini, costumi di Silvia Aymonino, coro di Gea Garatti Ansini. A dirigere, una Oksana Lyniv in gran forma, lei stessa con quella sua specifica attorialità sul podio, giocata su posture, corporeità, flessuosità e scatti in accordo con i singoli anche minuti passaggi dello spartito.

La schizzata vitalità di Manon, tra passione d’amore e di sesso col giovane Des Grieux e piaceri e mollezze del lusso col vecchio e straricco tesoriere generale Geronte, ciò che all’uscita del romanzo dell’abate Prévost, da cui il libretto è liberamente tratto, fece sentenziare a Montesquieu: le héros est un fripon, l’héroïne une catin, l’eroe è un mascalzone, l’eroina una sgualdrina. Des Grieux che la segue fino alla rovina, a morire di sete in un deserto americano tinto di rosso: e magari è un caso o forse no, ma anche Deserto Rosso di Antonioni, anno 1964 con Monica Vitti, metteva in scena una donna incapace di ritrovare sé stessa nell’amore e nel mondo.

Manon Lescaut, pfgstyletravel, cultura

Come lei, come Manon, tutte le donne di Puccini non hanno (o finiscono per perdere) un posto nel mondo, una casa, un rifugio. Per la cronaca: incluse le donne vere, non immaginarie, che hanno segnato i complicati amori di Giacomo Puccini.
Insomma un successo, questa prima, misurato anche dagli applausi di un pubblico che finalmente ha riempito il Nouveau, in larga parte di giovani. Buona prova anche dei cantanti: citiamo Erika Grimaldi-Manon e Luciano Ganci-Des Grieux, ma il voto è da estendere ai comprimari.

Foto credits di Andrea Ranzi per gentile concessione ufficio Stampa TCBO

27/01/2024 0 comment
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BANFF MOUNTAIN FILM FESTIVAL È PARTITO IL TOUR ITALIANO
BANFF MOUNTAIN FILM FESTIVAL È PARTITO IL TOUR ITALIANO
BANFF MOUNTAIN FILM FESTIVAL È PARTITO IL TOUR ITALIANO

Banff Mountain Film Festival è partition tour italiano

Sono sempre sfide, spesso personali, quelle che si fanno in alta montagna. Si scalano vette con la stessa difficoltà e testardaggine con cui si affrontano i sogni, perché le mete raggiunte sono come tasselli mancanti. In quel caleidoscopio straordinario che si chiama personalità. E nel continuo divenire, cambiamento, frustrazione e accettazione di sé ecco che gli sport estremi giocano un ruolo psicologico, rafforzando una carica interiore o un cedimento strutturale dell’anima. Ed è proprio questo che rende affascinante il Banff Mountain Film Festival, è proprio guardando le imprese leggendarie di alcuni protagonisti che capisce cosa vuol dire alzare l’asta delle emozioni. Giunto alla quarta edizione questo appuntamento con gli sport estremi rilancia nell’edizione 2016  otto nuove serate,e raggiungendo un totale di 24 tappe italiane.

Dedicato agli appassionati di montagna e outdoor, offre un’accurata selezione dei migliori corto-medio metraggi presentati alla 40ma edizione del festival canadese: sci, alpinismo, freeride, arrampicata ma anche mountain bike, parapendio e kayak. Ogni serata sono circa due ore di proiezioni.

Banff Mountain Film Festival è partito il tour italiano. Ecco i temi:

Se sciare alla luce della luna è un’esperienza che molte persone hanno fatto, lo stesso non si può dire di un’eclisse totale di sole, un evento quanto mai raro. Eclipse, per la regia di Anthony Bonello e premiato come Best Film Snow Sports, è tra i film in programma e racconta la realizzazione di una grande avventura alle Svalbard, alla caccia della foto perfetta. A questo si aggiunge Chasing Niagara, che racconta il sogno ambizioso di scendere in kayak le cascate del Niagara, premiato a Banff come Best Film Mountain Sport: un’emozionante storia di amicizia tra un gruppo di kayaker con la voglia di alzare sempre l’asticella dei propri limiti… e un finale inaspettato. Non mancherà naturalmente l’arrampicata e, questa volta, la protagonista è una donna. In Golden Gate, la climber americana Emily Harrington si misura con le difficoltà della salita in libera di una delle più famose vie di arrampicata su El Capitan, a Yosemite.

È possibile acquistare i biglietti online al prezzo di prevendita di 15 €, mentre la sera stessa dell’evento al botteghino il costo del biglietto sarà di 16€.

Banff Mountain Film Festival World Tour Italy 2016 – Il Calendario

· Padova, 4 aprile 2016 – Cinema MPX – Pio X, ore 20,30
· Morbegno (Sondrio), 7 aprile 2016 – Cinema Pedretti, ore 20,30
· Casatenovo (Lecco), 8 aprile 2016 – Cinema Auditorium, ore 20,30
· Firenze, 11 aprile 2016 – Cinema Odeon, ore 20,30
· Roma, 12 aprile 2016 – Cinema Moderno-The Space Cinema, ore 20,30
· Terni, 13 aprile 2016 – Cinema Cityplex Politeama Lucioli, ore 20,30
· L’Aquila, 14 aprile 2016 – Cinema Movieplex, ore 20,30
· Cuneo, 20 aprile 2016 – Cinema Monviso
· Champoluc-Ayas (Aosta), 22 agosto, Centro Congressi MonterosaTerme, ore 20,45
· Cortina (Belluno), 25 agosto, Centro Congressi Alexander Girardi Hall, ore 20,45

BMFFWT-ITALY2016_Beat Down Credit Camp4_0 BMFFWT-ITALY2016_Chasing Niagara 01 Matt BakerBMFFWT-ITALY2016_Golden Gate 04 Jon Glassberg Louder Than Eleven BMFFWT-ITALY2016_Golden Gate 06 Jon Glassberg Louder Than ElevenBMFFWT-ITALY2016_Living Rivers Surf 08 Max LoweBanff Mountain Film FestivalBMFFWT-ITALY2016_Degrees North 01 Tero RepoBMFFWT-ITALY2016_Degrees North 02 Tero RepoBMFFWT-ITALY2016_Golden Gate 01 Jon Glassberg Louder Than Eleven

23/03/2016 0 comment
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Brueghel

Brueghel, capolavori dell’arte fiamminga

di ROBERTO DI CARO.

Certo, la puoi visitare come di solito si fa con una mostra o un museo, “Brueghel, capolavori dell’arte fiamminga” (a Bologna, palazzo Albergati, fino al 28 febbraio 2016, prodotta da Arthemisia Group): ossia un quadro appresso all’altro, un occhio a come negli anni varia lo stile e un altro al contesto, quei contemporanei che per ormai usuale propensione al didascalico dei curatori contornano le opere maggiori in esposizione.

Ma c’è un altro modo di girovagare per i due piani del palazzo, suggerito proprio dai curatori Sergio Gaddi e Andrea Wandschneider e dall’impianto stesso della mostra: quello di studiare, attraverso le opere e come in trasparenze, un marchio, un brand, un “modello di business”, diremmo oggi, di straordinario successo. Costruito con acume e mantenuto con costanti adeguamenti per 150 anni fra Cinque e Seicento. Maturato in scelte stilistiche pensate come strategie di marketing aziendale e familiare, a loro modo dinastiche. Una “factory” con rifacimenti e varianti una generazione dopo l’altra, altro che i multipli di Warhol: dal fondatore Pieter Brughel il Vecchio ai figli Pieter Brueghel il Giovane e Jan Brueghel il Vecchio e poi Jan Brueghel il Giovane, ma anche suoceri e generi come David Teniers, nipoti come Ambrosius e Jan il giovane, e pronipoti tutti Jan o Pieter o Abraham o David, ché va bene l’individualità ma ciò che vendi è la ditta, il marchio, il brand, impresa familiare allargata per cooptazione nuziale, cinque o sei generazioni: una rarità, oggi che meno di un quarto delle imprese sopravvive al primo passaggio di padre in figli.

Brueghel
Un accorto marketing che ben sa cosa vuole il mercato, cosa chiedono i committenti: ai mercanti, quei fiori allora appena giunti dal Nuovo Mondo e quasi sconosciuti ma anche incisioni di grandi navi precise nei più minuti dettagli, tuttora fonte primaria per gli storici della navigazione; alla ricca borghesia degli affari e della moneta, le bizzarre allegorie dei quattro elementi nonché di amore, guerra e pace; a un mercato in espansione anche per tasche non da re, quei paesaggi fluviali stemperati tra i boschi, il minuto realismo del quotidiano, la taverna dei giocatori, e le danze, i balli, i matrimoni, quelle sfrenate feste popolari ai limiti dell’osceno, facce beone e ricche libagioni, che chi se lo poteva permettere si metteva in casa in effigie. Perché quelli erano sì secoli di guerre ma anche di conquista degli oceani e del benessere a suon di traffici e scambi e monete d’oro. Una forza vitale che quella stessa terra, oggi Belgio, non sembra più possedere.

Brueghel

25/11/2015 1 comment
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